Spalla: muscoli coinvolti nel movimento

2023-02-28 14:39:50 By : Ms. Alice hu

Il chirurgo ortopedico considera i muscoli sotto molti punti di vista: in primo luogo, come generatori di forza; in secondo luogo, come strutture da trattare chirurgicamente in caso di plastiche o trasposizioni, o da oltrepassare durante l'accesso verso i piani più profondi; ed infine, come organi che consumano energia e per i quali bisogna mantenere un'adeguata vascolarizzazione e innervazione.

La scomposizione del movimento in più articolazioni, per aumentarne la motilità, è importante anche in termini di funzionalità dei muscoli. Ciò comporta, in primis, una minore escursione dei muscoli che incrociano ogni articolazione, permettendo ad ognuno di essi di operare all'interno della porzione più efficiente della propria curva lunghezza-tensione. In secondo luogo, la stabilità articolare richiede che i muscoli agiscano non solo come motore dei molteplici movimenti della spalla, ma che partecipino come stabilizzatori dinamici portando le forze di reazione dell'articolazione scapolo-omerale verso l'area glenoidea, al fine di creare una compressione che aumenti la stabilità.

I generatori di forza all'interno della struttura muscolare sono le fibre che, poste in uno stroma di collagene di supporto, trasmettono la forza generata alle inserzioni ossee. L'escursione di ogni fibra è proporzionale alla somma dei sarcomeri, quindi la forza muscolare è un prodotto della sua area di sezione trasversale o del numero di fibre. L'organizzazione interna delle fibre muscolari può influenzarne la forza: se sono sistemate parallelamente al suo asse maggiore, il muscolo viene chiamato parallelo ed ha una velocità e un'escursione massimali in base alle sue dimensioni; mentre se le fibre sono disposte obliquamente si ha una forza maggiore però a scapito della velocità e dell'escursione. Quest'ultima organizzazione si chiama pennata o multipennata.

I muscoli del cingolo scapolare possono essere divisi in quattro gruppi:

Sono quelli che connettono l'arto superiore con lo scheletro assiale attraverso le loro inserzioni sulla scapola, sul rachide e sulla gabbia toracica.

Dei muscoli scapolotoracici, il trapezio è il più grande e superficiale. Trae origine dall'osso occipitale, dal legamento nucale, dalle apofisi spinose delle vertebre comprese tra C7 e T12.

Le fibre di provenienza occipitale si inseriscono sull'estremità laterale della clavicola, quelle cervicali inferiori e toraciche superiori sull'acromion e sulla spina della scapola, quelle toraciche basse sulla base della spina scapolare. Posteriormente, il muscolo è ricoperto dalla cute; anteriormente è a contatto con i muscoli romboidi.

Nel suo insieme, il trapezio è un retrattore della scapola. Le fibre superiori sono prevalentemente coinvolte nel sollevamento dell'angolo laterale della scapola. Secondo Inman le fibre superiori sono costantemente attive in tutte le rotazioni della scapola verso l'alto, con una attivazione del muscolo in senso cranio-caudale quando si raggiunge una maggiore flessione o abduzione. A riposo, il trapezio non svolge alcuna funzione per il mantenimento della sospensione scapolare, la quale è mantenuta dai legamenti sternoclavicolari.

Il muscolo è innervato dal nervo accessorio spinale (XI nervo cranico), che provvede alla mobilità, e da rami sensitivi provenienti dalle radici C2-3-4. Jobe et altri hanno osservato che il nervo accessorio spinale decorre parallelamente al margine mediale della scapola e sempre nella metà mediale del muscolo. L'arteria cervicale trasversa e l'arteria dorsale della scapola provvedono alla vascolarizzazione del muscolo attraverso un peduncolo vascolare dominante e piccoli rami isolati.

Il piccolo romboide origina dall'estremità inferiore del legamento nucale e dalle apofisi spinose di C7-T1 e si inserisce sul margine mediale della scapola in prossimità della base della spina. Il grande romboide origina dalle apofisi spinose di T2-T5 e si inserisce sull'angolo inferiore della scapola.

Superiormente ed inferiormente ai romboidi ci sono, rispettivamente, l'elevatore della scapola ed il grande dorsale. La vascolarizzazione dei muscoli romboidi è garantita dall'arteria dorsale della scapola, mentre il nervo dorsale della scapola (C5) provvede all'innervazione.

Tra i romboidi ed il trapezio vi è un piano non vascolarizzato, in cui decorre l'arteria cervicale superiore o un ramo perforante dell'arteria dorsale della scapola.

Funzionalmente agiscono da retrattori ed elevatori della scapola, come le fibre intermedie del trapezio.

L'elevatore della scapola origina dalle apofisi trasverse delle vertebre cervicali comprese tra C1 e C4 e si inserisce sull'angolo superiore della scapola. I muscoli che lo circondano sono, anteriormente, lo scaleno medio; posteriormente, lo splenio cervicale; lateralmente, lo sternocleidomastoideo ed il trapezio. Agisce come elevatore dell'angolo superiore e rotatore verso l'alto della scapola, quest'ultimo insieme al dentato anteriore.

L'innervazione proviene dalle radici C3e C4 (nervo dorsale della scapola); alla vascolarizzazione provvedono l'arteria dorsale della scapola e la cervicale trasversa.

Trae origine dal corpo delle prime nove costole sulla parete anterolaterale della gabbia toracica. Topograficamente si distinguono tre porzioni muscolari: la prima parte, dalle prime due costole e dal relativo spazio intercostale, si porta verso l'alto e posteriormente e si inserisce sull'angolo superiore della scapola; la seconda è formata da tre bande che originano dalla seconda, terza e quarta costa e che si inseriscono sul margine mediale della scapola; l'ultima è costituita da quattro o più bande che originano dalla quinta-nona costa e si inseriscono sull'angolo inferiore della scapola.

Il dentato anteriore traziona in avanti e ruota verso l'alto la scapola. È più attivo nella flessione che nell'abduzione poiché quest'ultima richiede una certa retrazione della scapola. Scheving scoprì che il muscolo veniva attivato da tutti i movimenti effettuati dall'omero. La paralisi del dentato causa la scapola alata ed un deficit di forza in flessione del braccio.

L'innervazione è fornita dal nervo toracico lungo (C5-C7), il quale può subire un trauma in trazione durante la contemporanea inclinazione del capo e depressione della spalla. La vascolarizzazione del dentato anteriore è fornita dall'arteria toracodorsale, dalla dorsale della scapola e dalla toracica laterale ed, in misura minore, dall'arteria mammaria interna e dalle intercostali.

È posto profondamente al grande pettorale. Ha origini carnose dalla faccia anteriore della seconda-quinta costola e si inserisce sulla faccia inferiore della base della coracoide. Nel 15% dei casi ha delle espansioni atipiche verso l'omero (stesso decorso del legamento coraco-omerale), clavicola e scapola (glena). Il piccolo pettorale traziona in avanti la scapola se questa è retratta, deprime l'angolo laterale e ruota verso il basso la scapola se questa è ruotata verso l'alto. È innervato dal nervo pettorale mediale (C8-Tl) e vascolarizzato dal ramo pettorale dell'arteria toracoacromiale e dalla toracica laterale.

È un piccolo muscolo di circa 3 cm, che ha una origine tendinea dalla prima costola e una inserzione cartilaginea e muscolare sulla superficie inferiore del terzo mediale della clavicola. Funzionalmente, stabilizza l'articolazione sternoclavicolare durante l'adduzione ed estensione del braccio (soggetto appeso).

È innervato dal nervo succlavio e vascolarizzato dall'arteria soprascapolare e dal ramo clavicolare della toracoacromiale.

Così chiamati perché esercitano la loro attività sull'articolazione gleno-omerale e su un'altra articolazione, che nella maggior parte dei casi è quella scapolo-toracica.

Il muscolo è diviso in tre parti:

Le fibre di quest'ultima parte, a differenza delle altre due che mantengono una disposizione parallela, ruotano nel loro decorso di 180° e, in prossimità dell'inserzione omerale, si dispongono più profondamente rispetto a quelle che provengono dalla clavicola. Un piano di clivaggio è spesso presente tra le fibre superiori e le restanti. Superiormente, è delimitato dalla ghiandola mammaria e dal grasso sottocutaneo; profondamente dalle coste e dal muscolo piccolo pettorale, localizzato nella fascia clavipettorale.

Il nervo pettorale laterale (CS-C6-C7) innerva la parte superiore del muscolo; il nervo pettorale mediale (C8-T1), le restanti parti. L'apporto vascolare per la parte clavicolare proviene dal ramo deltoideo dell'arteria toracoacrorniale, mentre quello per la parte sternale dall'arteria pettorale. Un ulteriore apporto è fornito dall'arteria mammaria interna.

Il grande pettorale è un intrarotatore ed adduttore del braccio. Esso estende anche la spalla partendo dalla flessione fino alla posizione neutra e deprime l'angolo laterale della scapola. Inoltre, la parte clavicolare partecipa alla flessione con il deltoide, mentre le restanti parti si oppongono a tale movimento.

Il bicipite brachiale ha due origini: dal cercine-tubercolo glenoideo, attraverso il capo lungo, e dalla coracoide, tramite il capo breve. Distalmente si inserisce sulla tuberosità bicipitale del radio e, per mezzo di una aponeurosi, sulla fascia profonda dei muscoli volari dell'avambraccio.

Il bicipite è prevalentemente un muscolo del gomito piuttosto che della spalla. La sua funzione è quella di flettere e supinare l'avambraccio.

I rapporti del tendine del capo lungo del bicipite sono molti importanti nelle patologie della spalla. Questo fuoriesce attraverso un difetto della capsula tra la grande e la piccola tuberosità e prosegue distalmente nel solco bicipitale. Molti studi sono stati condotti per cercare di correlare la morfologia del solco con la patologia bicipitale, ma è opinione recente che la patologia del tendine sia in relazione con la sindrome da attrito, dato che il tendine non si muove in alto o in basso nel solco. Piuttosto è l'omero a muoversi rispetto al tendine in adduzione o abduzione.

Recentemente, il ruolo di depressore della testa omerale, attraverso il capo lungo, in caso di paralisi o rottura del sopraspinoso, è stato infatti ridimensionato. In diversi studi condotti su pazienti con rottura inveterata del capo lungo del bicipite hanno dimostrato che l'assenza del tendine non predispone sistematicamente ad una rottura della cuffia.

La rottura del capo lungo comporta una riduzione di forza in supinazione (20%) con una piccola perdita (8%) della forza di flessione del gomito, che tuttavia, tale riduzione non è avvertita dal paziente.

Il muscolo è innervato dal nervo muscolocutaneo (C5-C6) ed è vascolarizzato prevalentemente dal ramo bicipitale dell'arteria brachiale.

Il tricipite è formato da tre capi:

Il capo lungo origina dal tubercolo sottoglenoideo della scapola e dalla tasca capsulare ascellare (inferiore) attraverso le sue espansioni tendinee di rinforzo. Discende tra il grande ed il piccolo rotondo per poi unirsi agli altri due capi per dare origine ad una inserzione terminale comune. Lateralmente, l'origine del capo lungo è delimitata dallo spazio quadrilatero; medialmente da quello triangolare. Il capo laterale trae origine dalla faccia posteriore e dal margine laterale dell'omero, superiormente e lateralmente al solco del nervo radiale, e dal setto intermuscolare laterale. Infine, il capo mediale, che è più profondo degli altri due, nasce dalla faccia posteriore dell'omero, medialmente e inferiormente al solco del nervo radiale, in un'area compresa tra il muscolo grande rotondo superiormente e la fossa olecranica inferiormente. Il muscolo è innervato dal nervo radiale (C5-C8) e vascolarizzato dalle arterie brachiale e circonflesse omerali posteriori.

La sua funzione è quella di estendere l'avambraccio; tuttavia con il suo capo lungo funziona, contro resistenza, da adduttore della spalla.

Origina con un'aponeurosi dai processi spinosi delle ultime sei vertebre dorsali e di quelle lombari, dal sacro e dalla cresta iliaca, ed, incostantemente, dalle ultime quattro coste e dall'angolo inferiore della scapola. Si inserisce sulla cresta mediale del solco bicipitale, appena al di sopra dell'inserzione del grande rotondo. Con il margine inferiore costituisce la piega ascellare.

È innervato dal nervo toracodorsale, proveniente dalla corda posteriore del plesso brachiale (C6-C7) ed è vascolarizzato dall'arteria toracodorsale e da rami perforanti intercostali e lombari. Le strutture neurovascolari penetrano attraverso un peduncolo situato anteriormente ed inferiormente al muscolo. All'interno della fascia muscolare, il peduncolo si divide in due rami: superomediale ed inferolaterale, facilmente separabili.

Il muscolo grande dorsale estende ed intraruota l'omero, estende la spalla e ruota verso il basso la scapola indirettamente, attraverso la sua spinta sull'omero. Ekholm notò che la sua azione più potente si sviluppa nei movimenti obliqui: estensione, adduzione e abduzione-rotazione interna.

Dei muscoli gleno-omerali, il maggiore e più importante è il deltoide, che possiede una forma conica. Il deltoide è costituito da tre parti:

La prima (monopennata) origina dal terzo laterale della clavicola; la parte media (multipennata) e posteriore (monopennata) originano, rispettivamente, dall'acromion e dalla spina della scapola. Come per altri grandi muscoli, l'origine è povera di collagene. L'inserzione delle tre parti avviene sulla tuberosità deltoidea dell'omero. Medialmente è a contatto con il bordo del muscolo grande pettorale. Lo spazio triangolare tra i due muscoli costituisce il solco deltoideo-pettorale attraverso il quale, chirurgicamente, si giunge sul tendine sottoscapolare e sulla faccia anteriore dell'articolazione gleno-omerale. Il solco contiene la vena cefalica e vasi minori provenienti dall'arteria toracoacromiale.

Profondamente è rivestito da una fascia molto spessa, la quale deve essere necessariamente reinserita con il deltoide quando distaccata dall'acromion, pena una depressione sottocutanea che si accentua, ed è dolente, durante l'abduzione contro resistenza.

Il deltoide è innervato dal nervo ascellare (circonflesso) (C5-C6) e vascolarizzato dall'arteria circonflessa posteriore che decorre con il nervo ascellare attraverso lo spazio quadrilatero fino alla superficie profonda del muscolo. La paralisi del nervo ascellare provoca una perdita del 50% della forza di elevazione, anche se il range totale di abduzione viene a volte mantenuto.

Le tre sezioni del deltoide differiscono nella struttura e nelle funzioni. Il deltoide posteriore e quello anteriore hanno fibre parallele e un'escursione maggiore rispetto al terzo medio, che è multipennato, più forte ma con un'escursione più limitata. Il terzo medio del deltoide prende parte a tutti i movimenti di elevazione dell'omero. A causa dell'alto contenuto di collagene, questa è la parte di muscolo più soggetta a contrattura.

L'elevazione sul piano scapolare è il prodotto del deltoide anteriore e del terzo medio, con un coinvolgimento del terzo posteriore, specialmente al di sopra di 90 gradi. L'abduzione nel piano coronale diminuisce il contributo del terzo anteriore ed aumenta quello del deltoide posteriore. La flessione è il prodotto del deltoide anteriore, del terzo medio e della parte clavicolare del grande pettorale, con un certo contributo anche del bicipite. Il contributo di questi ultimi due muscoli è talmente piccolo da non consentire di sostenere l'arto contro gravità senza l'azione del deltoide.

Riassumendo, possiamo affermare che il deltoide è attivo in ogni forma di elevazione, e la perdita delle sue funzioni è considerata un disastro. Il deltoide contribuisce solo per il 12% all'adduzione orizzontale. Si è pensato che vi sia attività prodotta dalla porzione inferiore del deltoide posteriore in adduzione. Shevlin e coll. attribuiscono però quest'azione alla possibilità di una forza di rotazione esterna sull'omero per contrastare la forza di rotazione interna del grande pettorale, del grande rotondo e del grande dorsale, che sono i maggiori adduttori della spalla. II deltoide è responsabile del 60% della forza nell'abduzione orizzontale.

I suoi rapporti con l'articolazione sono tali che ha una leva più corta per l'elevazione nei primi 30 gradi, sebbene in questa posizione la leva sia aumentata dalla prominenza della grande tuberosità. Il terzo anteriore del deltoide è limitato nella sua superficie profonda dalla coracoide, dal tendine congiunto del coracobrachiale e dal capo breve del bicipite, mentre al di sopra, si trovano la coracoide e la fascia clavipettorale. La porzione posteriore del deltoide è delimitata, sulla superficie profonda, dal sottospinoso e dal piccolo rotondo, e dal grande rotondo sull'altro lato dello spazio fasciale avascolare.

Al di sotto del muscolo deltoideo si trovano i muscoli che compongono la cuffia dei rotatori della spalla:

I primi tre sono prevalentemente extrarotatori della spalla, il sottoscapolare è un intrarotatore. Essi sono anche stabilizzatori dinamici dell'articolazione gleno-omerale e bilanciatori dell'azione di altri muscoli della spalla. La cuffia dei rotatori è un apparato complesso in cui tali muscoli, che superficialmente possono apparire distinti l'uno dall'altro, sono invece strettamente connessi tra loro, con la capsula sottostante e con il tendine del capo lungo del bicipite.

Origina dai 2/3 mediali della fossa sopraspinosa della scapola e si estende anteriormente e lateralmente verso il trochite (o grande tuberosità) su cui si inserisce con un tendine che si interdigita con quello dell'infraspinato e del sottoscapolare formando una inserzione comune sull'omero. Kolts ha descritto una espansione inserzionale sul trochine (o piccola tuberosità), generalmente non considerata perché ritenuta più debole dell'inserzione principale, ma che potrebbe avere una rilevanza clinica e funzionale. Per questa ragione l'area tra il sottoscapolare e il sopraspinoso è occupata non solo dal legamento coraco-omerale, ma anche da questa parte accessoria del sopraspinoso, il cui margine anteriore forma il limite superiore dell'intervallo dei rotatori. Una parte del legamento coraco-omerale decorre sulla superficie articolare del tendine del sopraspinoso perpendicolarmente all'orientamento del tendine. Questo crea un arco laterale che è visibile dall'interno dell'articolazione e che decorre lungo tutta l'inserzione del sottospinoso. Il suo tendine può presentare un deposito di calcio asintomatico nel 2,5% dei casi.

Inferiormente, la porzione di muscolo è delimitata dalla sua origine dall'osso, dal margine del collo della glena e dalla capsula stessa, che non è divisibile dalle fibre profonde del tendine.

Il sopraspinoso agisce come uno stabilizzatore superiore della testa omerale prevenendo il suo urto contro la superficie inferiore dell'acromion. Le lesioni della cuffia dei rotatori coinvolge nella maggior parte dei casi il tendine del sopraspinoso.

Il muscolo ha una lunghezza media di 14,5 cm ed è possibile distinguere due porzioni distinte del tendine, che originano rispettivamente dalla porzione antero-mediale della fossa sopraspinata e dalla parte posteriore della stessa. Il ventre muscolare anteriore, molto voluminoso, è essenzialmente fusiforme ed origina interamente dalla fossa sopraspinata. Tale struttura fusiforme della porzione anteriore e la parte centrale tendinea intramuscolare, sono responsabili della forza contrattile della maggior parte del muscolo. Il tendine anteriore costituisce circa il 40% di tutta la lunghezza del tendine del sopraspinoso. Il ventre muscolare posteriore, descritto come lungo e stretto (straplike), è piccolo ed unipennato ed origina dalla spina scapolare e dal collo della glena. Non contiene nuclei tendinei intramuscolari, quindi non adatto a generare grandi carichi contrattili, costituendo circa il 60% del tendine del sopraspinoso. Portandosi posteriormente, si sovrappone con il tendine infraspinato.

L'analisi istologica rileva infatti strutture tendinee più grandi nella sezione anteriore e più tessuto muscolare nella sezione posteriore del sopraspinoso. Sebbene il tendine posteriore sia più largo ed offra una maggior copertura della testa omerale, le azioni del sopraspinoso come l'abduzione e la depressione della testa omerale sono dovute principalmente al ventre muscolare ed al tendine anteriore, principali trasmettitori della forza contrattile del muscolo. Il muscolo è coinvolto in tutti i movimenti di elevazione della spalla. La sua curva lunghezza-tensione esercita il massimo sforzo a circa 30° di elevazione. Al di sopra di questo livello, la grande tuberosità aumenta il suo braccio di leva. Siccome il muscolo circoscrive superiormente la testa omerale e le sue fibre si orientano direttamente verso la glena, risulta importante per la stabilizzazione dell'articolazione gleno-omerale. Il sopraspinoso, insieme agli altri muscoli accessori, quali il sottospinoso, il sottoscapolare ed il bicipite, contribuisce ugualmente al deltoide nella torsione dell'elevazione sul piano scapolare e all'elevazione in avanti, valutato isolatamente grazie al blocco selettivo del nervo ascellare. Il sopraspinoso ha un'escursione pari a circa i due terzi di quella del deltoide per lo stesso movimento, il che indica un braccio di leva più corto.

Gli altri muscoli della cuffia dei rotatori, specialmente il sottospinoso ed il sottoscapolare, producono un'ulteriore forza diretta verso il basso sulla testa omerale per resistere alle forze di taglio del deltoide. Se questi muscoli sono intatti, anche in caso di una piccola lacerazione della cuffia dei rotatori, vi può essere una stabilizzazione sufficiente per un'abduzione abbastanza forte della spalla effettuata dal deltoide, anche se la durata di tale abduzione può essere minore.

Alcuni pazienti riescono a ruotare esternamente le spalle in modo da usare i bicipiti per effettuare lo stesso movimento. Poiché il sovraspinoso è delimitato superiormente dalla borsa subacromiale e dall'acromion, e inferiormente dalla testa omerale, il tendine è a rischio di compressione ed attrito. A causa di questa compressione, gli studi di Grant e di altri indicano che nel 50% dei campioni autoptici di persone di oltre 77 anni sono presenti lacerazioni della cuffia dei rotatori. Uno studio successivo di Neer indica un'incidenza minore.

Il decorso del tendine sottoscapolare delimita uno spazio chiamato "outlet del sovraspinoso". Questo spazio diminuisce con la rotazione interna ed aumenta con quella esterna, dimostrando l'effetto della grande tuberosità. Lo spazio è inoltre compromesso dall'uso della spalla nel portare pesi, come quando si usano le stampelle o in caso di sollevamento dalla sedia a rotelle. Martin e altri affermano che la rotazione esterna del braccio durante l'elevazione è prodotta dall'arco coraco-acromiale che agisce come un piano inclinato sulla grande tuberosità. Saha ed altri attribuiscono questa limitazione della rotazione nell'elevazione alla funzione dei legamenti. Dati più recenti indicano che questa rotazione esterna è necessaria per eliminare l'angolazione dell'omero di 45° rispetto al piano coronale. Questo aggiunge 45° all'elevazione limitata dalla glena.

È innervato dal nervo soprascapolare (C5, con un contributo di C6) che giunge nel muscolo in prossimità della base coracoidea, dopo essere passato attraverso l'incisura scapolare. La vascolarizzazione è garantita principalmente dall'arteria soprascapolare, la quale passa al di sopra dell'incisura e penetra nel muscolo in stretta vicinanza con l'omonimo nervo, ed in minore misura dall'arteria dorsale della scapola.

Il sottospinoso è il secondo muscolo più attivo della cuffia dei rotatori. Ha un'origine carnosa povera di collagene dalla fossa sottospinosa della scapola, di forma triangolare, ed è ricoperto da una fascia densa e dalla spina della scapola. La sua inserzione tendinea è in comune con il sovraspinoso antero-superiormente e con il piccolo rotondo, inferiormente, alla grande tuberosità. Il tendine a volte è separato dalla capsula articolare della spalla da una borsa, che può comunicare con la cavità articolare. Esternamente è delimitato da uno spazio fasciate non vascolarizzato situato sulla superficie profonda del deltoide. È un muscolo tripennato, ma origini bipennate o monopennate sono osservate solo nel 20% dei casi; il rafe mediano può facilmente essere confuso con un piano di clivaggio tra lo stesso sottospinoso ed il piccolo rotondo.

Come il sopraspinoso, è innervato e vascolarizzato, rispettivamente, dal nervo e dall'arteria soprascapolare. Uno studio anatomico ha però evidenziato un apporto vascolare anche dal ramo circonflesso e dorsale dell'arteria sottoscapolare. Il nervo penetra nel muscolo dopo aver oltrepassato l'incisura spinoglenoidea della scapola. In questa sede può essere trazionato nei movimenti di abduzione ed extrarotazione e lesionato se tale gesto si ripete bruscamente per motivi lavorativi o sportivi.

Il muscolo è prevalentemente un extrarotatore. È stato calcolato che esso produce il 60% dell'intera forza di extrarotazione. Funziona da depressore della testa omerale. Anche in uno stato passivo (cadavere) è un importante stabilizzatore contro la sublussazione posteriore. Un aspetto interessante dell'azione muscolare a livello della spalla è che un muscolo può effettuare azioni opposte in posizioni diverse. Il muscolo sottospinoso stabilizza la spalla contro la sublussazione posteriore in rotazione interna circoscrivendo la testa omerale, creando così una forza in avanti. Inoltre esercita una trazione posteriore che agisce contro la sublussazione anteriore quando la spalla è atteggiata in abduzione-rotazione esterna.

Il muscolo origina dalla porzione mediana del margine laterale della scapola e dalla spessa fascia del sottospinoso. Decorre anterolateralmente e si inserisce sulla faccia posteroinferiore del trochite. Il tendine di questo passa attraverso, ed è unito con, la porzione posteriore della capsula articolare della spalla. Con il margine inferiore, delimita lateralmente lo spazio quadrilatero e medialmente quello triangolare. Nello spazio quadrilatero l'arteria circonflessa posteriore dell'omero ed il nervo ascellare delimitano il piccolo rotondo. Nello spazio triangolare l'arteria circonflessa della scapola giace appena al di sotto di questo muscolo. Sulla sua superficie profonda, nella porzione centrale, si trova il capo lungo del tendine del tricipite, del tessuto adiposo lasso ed il sottoscapolare.

È innervato dal ramo posteriore del nervo ascellare (C5); alla vascolarizzazione provvedono numerosi vasi; tuttavia, l'apporto principale è fornito dall'arteria circonflessa omerale posteriore.

Il piccolo rotondo è prevalentemente un extrarotatore (45% dell'intera forza) e si oppone, insieme al sottospinoso, alla lussazione anteriore.

Costituisce la porzione anteriore della cuffia dei rotatori ed origina dalla fossa sottoscapolare ricoprendone una vasta superficie. Il suo 60% superiore si inserisce attraverso un tendine ricco di collagene sulla piccola tuberosità dell'omero. Il 40% inferiore ha un'inserzione carnosa sull'omero sotto la piccola tuberosità ed avvolgente la testa ed il collo dell'omero. Il sottoscapolare è un muscolo multipennato ricco di fibre collagene disposte parallelamente nello strato superficiale e, disordinatamente, in quello profondo. La porzione superiore di fibre di quest'ultimo strato si inserisce lungo il solco del bicipite. Il collagene è così denso nella parte superiore del sottoscapolare da far considerare questo muscolo come uno degli stabilizzatori passivi della spalla. Le fibre superiori del tendine si interdigitano con le fibre anteriori del tendine del sopraspinoso per formare, insieme al legamento omerale trasverso, l'intervallo dei rotatori.

Anteriormente, il sottoscapolare è delimitato dallo spazio ascellare e dalla borsa coracobrachiale; superiormente dalla coracoide. Profondamente al muscolo, nello spazio quadrilatero, passano il nervo ascellare e l'arteria circonflessa posteriore dell'omero. Più medialmente, nello spazio triangolare, decorre l'arteria circonflessa della scapola, che delimitano, lateralmente, la divisione tra il 60% superiore e il 40% inferiore del muscolo. Con la sua superficie profonda, il sottoscapolare ricopre l'articolazione gleno-omerale. Il rapporto con la capsula è tale da rendere difficile il riscontro di un piano di clivaggio. Il LGOM decorre in prossimità dell'estremità superiore del sottoscapolare; invece, la banda anteriore del LGOI è disposta più inferiormente. I nervi sottoscapolari superiori (C5) ed inferiori (C5-C6) innervano, rispettivamente, la porzione superiore ed inferiore del muscolo. L'apporto vascolare proviene dall'arteria ascellare, da quelle circonflesse della scapola (rami dell'arteria sottoscapolare) e dall'arteria dorsale della scapola.

Per gli intimi rapporti con l'articolazione gleno-omerale, il sottoscapolare è considerato un suo stabilizzatore passivo in caso di sollecitazioni sublussanti anteriormente la testa omerale. È prevalentemente un intrarotatore; tuttavia contribuisce, insieme al deltoide, all'elevazione della spalla.

Un altro aspetto dell'attività del sottoscapolare è che essa può variare con il livello di allenamento. Tra i lanciatori dilettanti la funzione del sottoscapolare in accelerazione è minore che nei lanciatori professionisti, il che implica che i lanciatori meno allenati stanno ancora mettendo a punto la propria articolazione gleno-omerale per raggiungere la stabilità, mentre i professionisti possono usare questo muscolo come un rotatore interno.

Similmente alle altre inserzioni della cuffia dei rotatori, il sottoscapolare in superficie ha un collagene parallelo, mentre in profondità ha dei fascicoli più divergenti. Questa struttura divergente è inoltre correlata alla funzione di contenimento della testa omerale e di rotazione verso l'alto e verso il basso della testa rispetto alla glena. Uno degli aspetti più salienti di questa struttura divergente è che un gruppo di fibre profonde si estendono al di sopra della doccia bicipitale, interdigitandosi con le fibre del sopraspinoso a livello del trochite. A questo livello le fibre tendinee dei due muscoli non possono essere distinte. Ciò è in accordo col concetto di estensione della cuffia dei rotatori espressa da Jost et al., e confermata da evidenze microscopiche, sottolineando come queste estensioni verso e al di sopra della doccia bicipitale facilitano la loro funzione di stabilizzatori della testa omerale.

Trae origine dalla superficie dorsale della scapola in prossimità del margine ascellare dell'angolo inferiore. Durante il suo decorso subisce una torsione di 180°; pertanto, le fibre che originano più posteriormente sulla scapola si inseriscono più anteriormente sul ciglio mediale della doccia bicipitale, appena al di sotto dell'inserzione del grande dorsale. Tra i due tendini è costante il riscontro di una borsa. Anteriormente è delimitato dallo spazio ascellare; posteriormente dal tendine bicipitale e superiormente dagli spazi quadrilatero e triangolare. Il muscolo è innervato dal nervo sottoscapolare inferiore (CS-C6) ed è vascolarizzato dalle branche delle arterie sottoscapolare e toracodorsale.

La sua funzione è quella di contribuire all'intrarotazione, adduzione ed estensione del braccio. È attivo in questi movimenti solo contro resistenza. Inoltre, può ruotare la scapola verso l'alto in caso di movimenti che coinvolgono gli arti superiori, come nel caso della croce di ferro dei ginnasti.

Origina dall'apofisi coracoide, appena medialmente al capo breve del bicipite (con cui forma il complesso dei "tendini congiunti") e si inserisce sulla superficie anteromediale della diafisi omerale. Profondamente, la borsa coracobrachiale separa il muscolo dal sottoscapolare. È innervato da rami della corda laterale e dal nervo muscolo cutaneo (CS-C6). Quest'ultimo penetra nel muscolo ad una distanza di 2-8 cm dalla coracoide: ciò rende obbligatoria la sua repertazione nel corso di interventi che prevedano la mobilizzazione dei tendini congiunti. L'apporto vascolare è fornito dall'arteria ascellare.

Il coracobrachiale contribuisce alla flessione ed adduzione della spalla.

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